Scena V.

[19] Enrico, e Silvia in disparte.


SILVIA.

(Nulla intender poss' io.)

ENRICO.

Tenero in vero

E' il caso di Gernando. Appena è sposo,

Dee con la sua diletta

Fidarsi al mar. Fra gl' inquieti flutti

Languir la vede; a ristorarla in questa

Spiaggia discende; ella riposa, ed egli

Da barbari rapito,

Tratto a contrade ignote,

In servitù vive tant' anni, e senza

Notizia più del sospirato oggetto.

SILVIA.

(Pur si rivolse al fin. Che dolce, aspetto!)

ENRICO.

Parla a ciascun l'umanità per lui,

L'obbligo a me. La libertà gli deggio,

Primo dono del Ciel. Spietato ogn' altro

Sarebbe; ingrato io sono,

Se manco a lui. D'abborimento è degna

Ogn' anima spietata;

Ma l'orror de' viventi è un' alma ingrata,

SILVIA.

Chi nel camin d'onore

Stanca sudando il piede[20]

Per riportar mercede

D'un nobile sudor

Non palpita, non langue

Per lui spargendo il sangue

E' cento rischi e cento

Và lieto ad incontrar.


Quelle:
Haydn, Joseph: L'isola disabitata. Berlin 1786, S. 19-22.
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